Le difficoltà di ogni scienziato
Cari amici,
Dopo più di un anno mi faccio viva per raccontarvi della vita di uno/a scienziato/a. Perché non sono riuscita a condividere con voi qualche nuovo articolo? Di certo non perché io mi sia dimenticata! Sono stata sopraffatta da lavoro e preoccupazioni lavorative e personali, pura e semplice verità! Mi sono dovuta preparare per una conferenza prima di Natale, il mio progetto stava per scadere ed ho cambiato laboratorio…non mi sono spostata molto lontano da dove ero prima però!…Il tempo purtroppo è sempre il nemico #1!!!
Per questo post, ho pensato di parlarvi un po’ della vita di uno scienziato/ricercatore.
La vita di uno/a scienziato/a vi potrebbe sembrare avventurosa, ricca di viaggi, varia e con orari flessibili. Beh, la realtà è abbastanza diversa!
Fare ricerca è un lavoro. Molti esperimenti richiedono parecchio tempo prima di ottenere risultati; parliamo di settimane, mesi, anni tante volte. Gli orari possono sembrare flessibili: se un giorno non mi dovessi presentare al lavoro non succederebbe quasi nulla, ma molto probabilmente dovrei recuperare quel giorno prima o poi, magari in un weekend. Quando ci penso, però, mi rendo conto che la flessibilità è dettata dagli esperimenti. Ciò significa che se un giorno un esperimento richiede 12 ore per essere completato, si deve restare in laboratorio almeno per 12 ore, magari anche qualcuna in più per preparare all’inizio e pulire alla fine (sì, gli strumenti e attrezzature si devono pulire o sistemare una volta finito l’esperimento). Se un esperimento richiede una operazione ogni giorno per 20 giorni, significa che durante il fine settimana si debba lavorare. Inoltre, i weekend lavorativi in realtà non sono così rari…succede che per poter ottenere dei risultati si debba lavorare non-stop.
I viaggi magari ci sono anche, ma per andare a conferenze e solo se ci sono soldi disponibili in laboratorio per queste spese. La mia ultima conferenza è stata a Filadelfia. Non ci ero mai stata prima, quindi speravo di poter avere almeno una mezza giornata per farmi una passeggiata in tranquillità…ecco, la realtà è che ogni giorno era pieno di eventi scientificamente interessanti e quindi mi sono ritrovata a prendermi di forza 2 ore una mattina per farmi un giro quasi di corsa dei punti più caratteristici della città. Quindi i viaggi di lavoro ci possono anche essere, ma non lasciano molto spazio all’esplorazione.
E le vacanze? Le vacanze esistono, ma a volte prendersi queste ferie innesca pesanti sensi di colpa, perché ovviamente se si è altrove non si possono fare esperimenti e quindi la ricerca non avanza. Prima di partire bisogna fare in mondo di fermare tutti gli esperimenti (se si lavora con cellule, ad esempio, bisogna congelarle o fare in modo che qualche collega si prenda cura di loro…per un biologo cellulare le cellule sono un po’ come figli ecco :D) e al ritorno si deve riprendere da dove si era lasciato. Per fare questo però ci vuole del tempo, ad esempio per scongelare cellule affinché siano pronte per il prossimo esperimento. Sempre in tema vacanze, le cosiddette “public holidays”, ovvero le feste pubbliche tante volte sono giorni quasi normali. Nel mio caso cerco almeno di prendermi qualche ora di sonno in più la mattina, ma per il resto è molto probabile che sia come ogni altro giorno lavorativo. Lo stesso vale per i fine settimana…insomma, il tutto può essere riassunto nelle 2 vignette sottostanti tratte da phdcomics.com, un sito fondato da uno studente di dottorato che rappresenta le esperienze da lui vissute nel laboratorio in cui lavorava.
Ma tutto questo è salutare? Nella realtà no. La vita di un/a ricercatore/rice porta spesso a problemi di salute mentale. Il giornale scientifico Science ha riportato l’anno scorso un articolo a tal proposito. Viene riportata la ricerca condotta su studenti di dottorato dalla quale emerge che la maggior parte di questi studenti soffra di disturbi mentali o ne mostri i primi sintomi.
Ma quindi noi scienziati siamo pazzi? La risposta è no. Il problema sta semplicemente nel fatto che ci sia una enorme pressione per produrre risultati e quindi ci si ritrova a passare letteralmente la propria vita in laboratorio, a scapito di tutto il resto (svaghi, viaggi, famiglia e quant’altro).
Perché si dovrebbe diventare scienziati quindi??? Tutta questa storia non ve la racconto per spaventare future generazioni, ma semplicemente per condividere con voi alcune delle difficoltà che noi ricercatori affrontiamo ogni giorno. La carriera di scienziato, specialmente in ambito accademico, non ammette molte distrazioni, perché alla fine fare scienza è anche una passione. Passione sì, ma che diventa un lavoro vero e proprio.
Ma come si riesce a superare tutto questo? Bisogna dire che spesso l’ambiente di lavoro può aiutare a superare momenti difficili, come in tutti gli altri lavori. Soprattutto in accademia, un laboratorio è formato da vari studenti e ricercatori, magari anche provenienti da paesi stranieri. Quello che succede è che si crea una sorta di gruppo di supporto, una famiglia secondaria con la quale condividiamo la maggior parte della nostra giornata e forse anche della nostra vita. Altri gruppi si formano anche all’esterno del proprio laboratorio, specialmente se si è lontani dalla proprio famiglia di origine, e ciò ci aiuta a proseguire nella nostra avventura.
A me piace il mio lavoro perché intellettualmente stimolante, ogni giorno può essere diverso, fare esperimenti mi fa stare bene (a patto che poi funzionino!), e parlare di scienza mi riempie di gioia. Ovviamente tutto ciò mi ha portato a fare scelte non certo a cuor leggero. E come me tanti altri! Anche per questo, un minimo di riconoscimento sociale non guasterebbe. Ciò non significa lodi o tappeti rossi, semplicemente riconoscere la professione di scienziato/a come tale, eliminando la credenza che noi scienziati non facciamo altro che studiare. Siamo esperti in determinati settori perché siamo parte di quel settore da anni ed abbiamo contribuito a specifiche ricerche. Siamo professionisti e come tali dovremmo essere riconosciuti, alla faccia di chi si spaccia come scienziato senza aver mai provato ad esserne uno.